War Machine (Id ; 2017) di David Michôd
- Eugenio Grenna
- 20 ott 2017
- Tempo di lettura: 2 min

Film originale Netflix uscito il 26 maggio 2017 per la regia di David Michôd . Registra australiano il cui nome prometteva davvero molto bene. Necessario ricordare che il regista in questione ha diretto film come “Animal Kingdom” e “The Rover” interessantissimo dramma post apocalittico. Ho scritto che il nome del regista prometteva davvero bene prima delle visione di “War Machine” perché purtroppo con il film in questione non ha soddisfatto le mie aspettative. Il film è tratto da un romanzo resoconto di alcune situazioni di guerriglia in Afghanistan scritto dal giornalista Michael Hastings. Nel film seguiamo le vicende tragicomiche del generale Glen McMahone interpretato da un ottimo Brad Pitt che regala un personaggio sopra le righe che in più di un momento, per via delle smorfie ed espressioni facciali ricorda il suo personaggio all’interno di “Burn After Reading” dei fratelli Coen. Per quanto mi riguarda nonostante l’ottima interpretazione di Pitt, il film e il suo regista commettono un errore decisamente significativo. L’errore sta nel fatto che Michôd non è stato in grado di gestire un personaggio forse troppo sopra le righe come quello del generale McMahone che finisce per mangiarsi l’intero film. Infatti è sempre in bilico tra film comico, parodistico, grottesco e documentaristico. Peccato soltanto che non sia riuscito nel fare una scelta, ovvero decidere un taglio preciso per quanto riguarda il genere di appartenenza ed applicarlo a tutto il film e non soltanto ad un segmento. Ciò non è avvenuto quindi “War Machine” risulta estremamente complesso da collocare in uno specifico genere cinematografico, ma soprattutto risulta estremamente complesso da “mandare giù”. Questo perché non si riesce mai a decifrarne il genere d’appartenenza e la realtà e la concezione di alcuni momenti decisamente significativi. A volte è fin troppo parodistico, altre eccessivamente serioso. Risulta quindi evidente che al regista sia sfuggita completamente di mano la situazione, o più precisamente il controllo sul personaggio affidato a Pitt. Ma è necessario fare attenzione perché il film non è brutto, ma non è nemmeno bello. Gode di un ottimo cast, dai ruoli primari come quelli affidati a Pitt, Ben Kingsley ed Anthony Michael Hall, ai ruoli secondari come quelli di Tilda Swinton, Will Poulter, Emory Cohen e John Magaro. C’è un’interessante visione satirica ma allo stesso tempo malinconica di quello che accade intorno al generale McMahone. Interessante anche il fatto di contenere seppur un po’ nascosta una denuncia al sistema americano, per quanto riguarda la guerra, la politica, la gestione dei poteri e non solo. Il film ha un trama relativamente semplice data dal fatto che tutto ruota intorno ad un giornalista di Rolling Stone che deve introdursi e raccontare le gesta e le situazioni in cui vengono a trovarsi il generale McMahone e i suoi uomini. Tanti elementi potenzialmente interessanti, interpretazioni molto buone per alcuni attori, per altri meno, una regia ed una sceneggiatura invece sfortunatamente confuse e spesso fastidiose.
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