Tito e gli alieni (2017) di Paola Randi – Torino Film Festival 35 – Sezione Festa Mobile
- Eugenio Grenna
- 10 gen 2018
- Tempo di lettura: 3 min


Trentacinquesima edizione del Torino Film Festval. Ottavo film che sono riuscito a vedere tra i numerosi film proposti. “Tito e gli alieni” era un film che andava visto a parer mio assolutamente. Questo perchè si tratta di un film ITALIANO di fantascienza e per noi non è così semplice e scontato scrivere, dirigere, interpretare, produrre e distribuire cinema di questo tipo. Si tratta infatti di un film piuttosto anomalo all’interno del nostro panorama cinematografico di questi ultimi anni. Presentato in anteprima a questa trentacinquesima edizione del Torino Film Festival all’interno della sezione Festa Mobile e la cui spiegazione e presentazione da parte del cast, della regista e dei produttori è stata davvero molto interessante. Nel corso della presentazione del film si è discusso di cinema di fantascienza, di scienza, di alieni, di ispirazioni ma anche di esperienza lavorativa con bambini. La regista del film, ma anche sceneggiatrice insieme a Laura Lamanda e Massimo Gaudioso ha svelato un aneddoto della sua vita privata legato al film davvero molto bello. La Randi ha raccontato appunto di aver trascorso insieme al padre gli ultimi anni di vita di quest ultimo, mentre perdeva la memoria e cominciava a dimenticare ripeteva soltanto una cosa, guardava nel vuoto. La Randi ad un certo momento si è accorta di un particolare, cioè che suo padre non guardava nel vuoto ma guardava fisso l’immagine della moglie per poterne conservare il ricordo. Questo aneddoto è fondamentale per la comprensione del film perchè il protagonista, il professore (Valerio Mastandrea) all’inizio del film appare disteso su un divano nel bel mezzo del deserto del Nevada, con le varie protezioni da scienziato e ad un accessorio singolare, con il quale il professore cerca di captare “la voce” della moglie defunta tra i suoni dell’universo per poterla conservare e riascoltare. La trama del film in questione è molto semplice ma non per questo priva di profondità o elementi spettacolari a livello di effettistica e non. Il professore (Valerio Mastandrea) è uno scienziato piuttosto malinconico, triste e rassegnato che svolge misteriose ricerche nel deserto del Nevada. Lì ha soltanto un’amica, Stella (Clémence Poésy) che è una ragazza molto curiosa, organizzatrice di matrimoni in maschera, quasi sempre da film fantascientifici come Star Wars saga, E.T., Alien e via dicendo. Stella per il professore rappresenta un’amica, ma anche un’accompagnatrice e una sorta di autista. Un giorno come tanti l’esistenza pacifica, priva di alcuna turbolenza o alcuna emozione del professore subisce un cambiamento inatteso. Suo fratello (Gianfelice Imparato), rimasto a vivere in Italia (Napoli) con i due figli è morto, è stato dunque necessario far partire i figli dall’Italia per portarli a vivere in Nevada con lo zio scienziato. Il film diventa quindi uno strano mash up tra la commedia italiana degli ultimi anni (cinematografica e non), il cinema di fantascienza (Incontri ravvicinati del terzo tipo; Contact; Arrival; E.T. ecc) ed il cinema indie tanto in voga in questo momento. Fin da subito è chiaro che la Randi ha visto più e più volte o che addirittura studiato “Incontri ravvicinati del terzo tipo”, del quale infatti ha parlato a lungo durante la presentazione del fillm. Il film è molto leggero e anche abbastanza divertente, complice anche il fatto del mischiare questa comicità tutta napoletana, grazie all’arrivo dei due ragazzini napoletani, tutto chiasso, volgarità, musica rap, napoletano, dialetti del sud ma soprattutto battute anche nei momenti non necessari, con la vita monotona e malinconica dello zio professore (Valerio Mastandrea). Per non rovinare alcuna sorpresa ho deciso di non svelare troppo in questa recensione aggiungendo soltanto che il film mi è piaciuto abbastanza, poichè si tratta di un film molto leggero ma anche molto profondo. Questo perchè attraverso una storia dagli accenni fantascientifici si racconta l’amore e la sua perdita, si racconta l’elaborazione di un lutto, qui in chiave decisamente anomala, fantascientifica, spettacolare, malinconica ed originale. Per quanto mi riguarda ci sono due momenti molto belli in questo film:
1) Un bellissimo momento di danza tra il personaggio del professore interpretato da un sempre ottimo Valerio Mastandrea ed una macchina che ricorda R2-D2 ma a tratti anche Wall-E.
2)Un momento finale molto bello, poetico, ma anche molto malinconico. Si tratta del momento decisivo in cui la Randi mette in scena il contatto tra i nostri protagonisti e questi “alieni” che in realtà scendono per incontrare i nostri protagonisti nei panni di figure piuttosto importanti per la narrazione e qui ho trovato un elemento piuttosto originale, poetico ed emozionante. Chiarissimo fin da subito che questa momento finale vuole citare in tutto e per tutto il momento del contatto finale di “Incontri ravvicinati del terzo tipo”.
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