The Strangers (2008; Bryan Bertino)+The Strangers 2: Prey At Night (2018; Johannes Roberts) Analisi
- Eugenio Grenna
- 20 set 2018
- Tempo di lettura: 14 min

The Strangers (Id; 2008) di Bryan Bertino Kristen McKay (Liv Tyler) – “Perchè ci fate questo?” Dollface (Gemma Ward) – “Perchè eravate in casa”
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The Strangers 2: Prey At Night (Id; 2018) di Johannes Roberts Cindy (Christina Hendricks) – “Perchè lo fate?” Dollface (Emma Bellomy) – “Perchè no?”
CHE COSA C’È DIETRO ALL’IDEA CINEMATOGRAFICA: Entrambi i film della serie cominciano con queste parole: “Based On True Events”, letterale, basato su eventi realmente accaduti. Nonostante ciò è stato proprio Bryan Bertino, il regista del primo film e sceneggiatore del secondo a chiarire la questione relativa a quella frase di inizio film, in seguito a numerose interviste rilasciate. Lo stesso Bertino infatti in un’occasione spiegò l’idea alla base del film (il primo). Raccontò di essersi ispirato ad un evento accaduto a lui e alla sua famiglia durante la sua infanzia. Uno sconosciuto si presentò alla loro porta nel cuore della notte chiedendo di una persona che non c’era. Più tardi Bertino scoprì che molte case vuote del suo quartiere quella notte erano state scassinate, svaligiate e fatte a pezzi. Da qui l’idea che sta alla base di entrambi i film della serie. Bertino inoltre affermò di aver preso anche qualche spunto ed ispirazione dal romanzo Helter Skelter, che documenta gli omicidi perpetrati dalla famiglia Manson.
THE STRANGERS (ID; 2008) DI BRYAN BERTINO LA SINOSSI: James e Kristen si fermano per la notte nella casa disabitata dei genitori di lui dopo essere stati a un matrimonio. Tra i due la tensione è palpabile: lui le ha proposto di sposarla e lei ha rinviato la decisione rifiutando l’anello che lui le offriva. Sono circa le 4 del mattino quando una ragazza bussa alla porta chiedendo di una certa Tamara. È l’inizio di un incubo. Progressivamente la coppia si troverà assediata da tre sconosciuti mascherati che hanno un solo obiettivo: terrorizzarli e poi ucciderli.
IL MIO COMMENTO E LA MIA ANALISI SUL FILM: The Strangers ha un inizio molto promettente e davvero raffinato, una giovane coppia è in auto di notte, i volti dei due sono piuttosto tristi e rabbuiati, sembra che qualcosa di brutto sia accaduto tra loro. Poco dopo giungono alla villetta di campagna dei genitori di lui, in cui tutto è stato messo in ordine e preparato tempestivamente proprio per quella serata. Petali di rosa sparsi tra tutte le stanze, così come bottiglie di champagne. I due occupano stanze differenti, e quando lui rimane solo cominciano i flashback che ci mostrano che cos’è accaduto durante la serata, prima dell’auto e dei volti tristi. C’è stata una cena tra amici, forse una festa, una proposta di matrimonio (fatta da lui) ed una risposta negativa (da parte di lei). Lui si chiama James Hoyt (Scott Speedman) e lei Kristen McKay (Liv Tyler), una coppia che sicuramente si ama, ma che non sembra ancora essere pronta per il grande passo rappresentato dal matrimonio. Quella che avrebbe dovuto essere una serata romantica e passionale, assume sin da subito un’aria molto cupa, malinconica, da funerale imminente, sì perchè qualcosa è morto dentro James, così come qualcosa è morto dentro Kristen. Ci sono brevi momenti di distanza tra i due, giocati sugli sguardi ormai distaccati e freddi ma comunque presenti e reciproci, accompagnati da gesti e azioni da parte dei due che ci fanno capire molto. Kristen si fa un bagno caldo, come a lavarsi di dosso tutte quelle sensazioni negative e tutto quello che è successo, James mangia del gelato, beve champagne “a canna” che con tanto amore aveva preparato per entrambi e guarda l’anello, ancora nella sua scatoletta. Quando tornano a condividere gli stessi spazi, i loro sguardi e i loro corpi sembra non riescano più a sostenersi reciprocamente, così ogni scusa diventa buona per allontanarsi l’uno dall’altra. Improvvisamente Bertino inserisce un primo elemento di pericolo, qualcosa che torna ad unire i due fidanzati per poco tempo, proprio mentre stanno per fare l’amore. Un amore girato però in un certo modo, colmo di malinconia, lento, calibrato, e forse non così desiderato da parte di entrambi. Ciò che interrompe i due è qualcuno che bussa alla porta della villetta alle quattro del mattino, una ragazza qualunque che ai due chiede di una certa Tamara. Quello che a Kristen e James pare soltanto un bizzarro ed inquietante equivoco si trasformerà ben presto in un vero e proprio incubo ad occhi aperti. Il tutto però parte lentamente, prendendosi i suoi tempi, che sembrano architettati con grande precisione e ingegno, al limite della perfezione. Infatti James esce di casa, nonostante il fatto sinistro, vuole rimanere per un po’ da solo, si allontana con l’auto per andare a comprare un pacchetto di sigarette, quelle di Kristen sono finite. Chiaro però che tutto questo è soltanto uno stratagemma per mostrarci il distacco e la situazione di allontanamento e di crisi che è venuta a crearsi tra i due. Insomma come se nulla fosse successo i due decidono di separarsi, lei a casa da sola e lui in auto distante da lei. Qualcosa di terribile accadrà ad entrambi quella notte, ma loro sembrano non essersene ancora resi conto. Proposta di matrimonio accettata oppure no, il loro destino sarebbe stato sempre lo stesso, e questo è fondamentale nella lettura e nell’analisi del film. Quando Kristen rimane sola in casa l’incubo ha inizio, qualcuno continua a bussare con insistenza alla porta di casa, continuando a domandare della stessa Tamara, con toni sempre più inquietanti, ed ottenendo le medesime risposte da parte di Kristen, il cui tono di voce invece è sempre più impaurito e angosciato. Quella ragazza smette di bussare alla porta e resta il silenzio, Kristen si muove lentamente tra le stanze della casa deserta senza accorgersi che tanto deserta non la è, qualcuno è già al suo interno, Kristen non è sola. Dopo i primi momenti di silenzio si fanno sempre più presenti suoni, rumori, voci che un po’ appartengono alla realtà e un po’ all’inconscio della stessa Kristen che è ormai in preda al terrore ed alla paranoia. Quando James richiamato da Kristen poichè terrorizzata torna a casa, l’incubo è già cominciato e la giovane coppia non può più scamparvi. The Strangers è quindi un piccolo film horror dall’impostazione cinematografica sempre più utilizzata nel corso degli ultimi anni, l’home invasion, divenuto un vero e proprio filone cinematografico legato quasi esclusivamente al genere horror, ma anche al thriller in alcune occasioni. Molto interessante la scelta della coppia in crisi che chiusa in se stessa e tra le piccole stanze di una villa isolata sta perdendo ogni traccia di felicità, amore e unione, il pericolo psicologico e non, appartiene ai due protagonisti del film fin dall’inizio e non dal momenti in cui cominciano a comparire gli psicopatici mascherati. La tensione è gestita piuttosto bene ed in maniera quasi sorprendente, cominciano sottile e si fa sempre più presente, pesante, pressante e sfiancante. Ogni piccola cosa che Bertino inquadra, ha un suo significato più o meno importante nello sviluppo del film. Sono tutti elementi piuttosto insignificanti nella prima parte del film, che si riveleranno al centro di scene decisamente più importanti all’interno della seconda e un po’ della terza parte del film. Come noto, spesso nel cinema tradizionale si ha la divisione in tre atti. Qui la divisone si potrebbe ipotizzare in questo modo: 1) Il ritorno a casa; 2) L’assedio; 3) La fine del dolore. Insomma Bertino dimostra di conoscere e di saper utilizzare senza troppi problemi tutte le diverse tecniche cinematografiche legate alla creazione di un prodotto cinematografico. Ciò che all’interno del film aumenta la tensione è la scelta di una ambientazione assolutamente claustrofobica che costringe i due giovani protagonisti a dei veri faccia a faccia con gli psicopatici mascherati. Non si tratta nè di gore, nè di splatter, nè di horror in piena regola, quanto piuttosto di un thriller/horror che mescola l’home invasion al cinema più specificatamente psicologico. Le interpretazioni dei due protagonisti, Scott Speedman e Liv Tyler sono soddisfacenti, godibili e credibili dalla prima all’ultima scena, senza alcun momento di spicco, nè per quanto riguarda la recitazione di lui, nè per quanto riguarda la recitazione di lei. Quello che sorprende del film è piuttosto l’alto livello di scrittura in sceneggiatura, e la regia, sempre molto attenta, funzionale e precisa, entrambe di Bryan Bertino. Le scelte di ambientazione spazio/temporale che sono state fatte, come quella di svolgere l’intero film nel corso di poche ore, ciò che resta di una notte, poco tempo sufficiente per compiere un massacro. Le strizzate d’occhio e le citazioni cinematografiche sono molte, chiarissimo soprattutto il desiderio di Bertino di voler citare “Funny Games”, film del 1997 del grande regista e sceneggiatore austriaco Michael Haneke. Funny Games è forse il film manifesto del filone home invasion, in quel caso più specificatamente appartenente al dramma e al thriller, non all’horror o alcuna declinazione di esso, comunque è chiaro che partendo da questo film del 1997, e quindi partendo da questi concetti e temi, arrivare all’horror sfruttando il canone home invasion è un attimo. Non a caso nel cinema horror degli ultimi anni le proposte legate all’home invasion sono state, sono tutt’ora e continueranno ad essere molte. Per esempio mi viene in mente un film recente appartenente a questo canone, You’re Next del 2011. Sembra strano o addirittura un azzardo affermarlo, ma anche The Strangers ha dato il via ad un certo modo di fare cinema horror, mostrando che è possibile fare del buon cinema sfruttando l’home invasion, poichè è qualcosa di cui ancora tutti quanti abbiamo paura, spesso inconsciamente. Chi può ammettere di sentirsi perfettamente al sicuro all’interno della propria abitazione? La risposta sicuramente non può essere la stessa per tutti i diversi spettatori e non, soprattutto in una realtà sempre più attuale in cui vengono discusse ogni giorno nuove norme sulla proprietà privata e legittima difesa. Ad uno spettatore distratto, possono sfuggire molti elementi piuttosto interessanti e terrificanti del film, tra cui quello della noia e quello legato alla banalità del male perpetrato. Il tema della noia è fondante per il film, chi ammazza e si è presentato nel cuore della notte lì, per fare proprio quello, non è mosso certamente da forze o entità superiori, nè dalla voglia di fare qualcosa, quanto piuttosto dalla noia. Decisivo quindi il botta e risposta disperato tra la Kristen di Liv Tyler che chiede “<< Perchè ci fate questo?>>” e la psicopatica mascherata (Dollface) di Gemma Ward che le risponde “<<Perchè eravate in casa>>”. Non c’era dunque una voglia di uccidere già in partenza, ma una casualità, conseguente alla noia. La banalità del male perpetrato è invece ancora più interessante. Questi psicopatici mascherati non si curano dell’arrivo di un amico della giovane coppia di fidanzati che arriva alla villa per portare a casa James, questo perchè non cambia niente, loro sono lì e uccidono perchè è quello che ormai hanno cominciato a fare. Arriva un momento in cui non sembrano nemmeno più così interessati ad uccidere, ma devono farlo perchè ormai hanno iniziato, e come se fosse una cosa qualsiasi, devono portarla a termine, banalizzando dunque nelle loro azioni così ingiustificabili e ingiustificate, spaventose e shockanti, un male incontrastabile e senza limiti, perpetrato nei confronti di due povere vittime, come se si trattasse di un gesto banale, di un gioco. L’epilogo con i volantini della chiesa è quanto di più giusto, divertente, dissacrante ed interessante si potesse fare per un film di questo tipo. Uno scambio di battute che è un’altra volta decisivo nella sua superficialità: Bambino “<<Sei una peccatrice?>>” rivolto alla giovane ragazza che scesa dall’auto gli ha chiesto un volantino della sua chiesa, una ragazza che gli appare come molte altre, ma che nei minuti precedenti del film è stata per noi spettatori e per le due vittime proprio Dollface. La risposta della ragazza giunge con tono parecchio inquietante e dopo qualche secondo di silenzio e paura da parte dei due bambini fermi sulla strada con le loro biciclette e i volantini della chiesa: “<<Ogni tanto>>”. L’auto si allontana sulla strada, gli psicopatici mascherati sono in fuga e nessuno li prenderà, perchè loro sono stati, sono attualmente e continueranno ad essere la reincarnazione più totale del termine che poi è anche il titolo del film: The Strangers, coloro che non conosciamo, colore che potrebbero entrare nelle nostre abitazioni senza alcun motivo ed ucciderci. Un film essenziale, lucido nella sua spietatezza e con un finale per niente rassicurante o consolatorio. THE STRANGERS 2: PREY AT NIGHT (ID; 2018) DI JOHANNES ROBERTS LA SINOSSI: Una famiglia trasloca, ma c’è maretta. Il trasferimento è dovuto al comportamento poco consono della figlia adolescente Kinsey, ribelle senza causa, che si è fatta espellere dalla scuola. I genitori Mike e Cindy sperano che una ricollocazione geografica e una nuova scuola possano giovare, ma Kinsey, naturalmente, non è d’accordo. Poco favorevole è anche il fratello maggiore Luke, costretto anche lui a un cambiamento di luoghi e amici che non avrebbe minimamente desiderato. La meta è una casetta messa a disposizione dagli zii Marv e Cheryl in un desolato complesso abitativo in una località boschiva. La famiglia vi arriva nella notte dopo un lungo viaggio in auto.
ALCUNI FATTI SUL FILM: Già nell’agosto del 2008, dopo l’uscita del primo capitolo, viene confermato il progetto di un sequel dalla casa di produzione Rogue Pictures. Inizialmente il film si sarebbe dovuto intitolare The Strangers:Part 2 e avrebbe dovuto avere alla regia il francese Laurent Briet.
IL MIO COMMENTO E LA MIA ANALISI SUL FILM: Non c’è più la coppia di fidanzati in crisi al centro di questo secondo capitolo dell’interessantissima serie cinematografica The Strangers, bensì un’intera famiglia in crisi. La filosofia è la stessa del capitolo precedente, con degli sviluppi aggiuntivi, delle trovate interessanti ed al passo coi tempi, una maggior ricerca estetica ed autoriale, un ampliamento delle collocazioni spaziali, una maggior spietatezza ed un privilegiamento dell’azione rispetto all’attesa ed alla tensione che da sottile si fa sempre più pesante e presente. La famiglia è in crisi e la sua unione è decisamente compromessa, questo perchè fin da subito ci rendiamo conto della condizione socio-economica non del tutto agiata in cui la famiglia stessa si trova. Condizione che è in via di peggioramento, a causa del viaggio che l’intera famiglia sta compiendo per raggiungere il college scelto dalla figlia teenager, ribelle e problematica interpretata da Bailee Madison (Non aver paura del buio). Prima di arrivare al college però la famiglia deve necessariamente fare tappa in uno sperduto campo di case prefabbricate, in cui vivono i nonni che hanno riservato alla famiglia una di quelle molte case prefabbricate per la notte. Ciò che immediatamente viene percepito come molto differente a livello di approccio visivo di questo film rispetto al capitolo precedente, è questa ambientazione, sempre notturna, ma molto più estesa. I protagonisti non sono più costretti a difendersi dagli assalitori mascherati chiusi tra le mura di una piccola villa di campagna, bensì tra le location via via più spaziose di questa sorta di camp estivo scelte come come ambientazione di questo nuovo capitolo cinematografico della serie The Strangers. A livello di narrazione questa volta si ha una maggiore semplicità, sono infatti del tutto assenti dinamiche psicologiche interne alle relazioni familiari. Fatta eccezione per il rapporto forzatamente complicato e problematico che ha questa figlia teenager con i due genitori che sembrano sempre molto innamorati, pazienti, simpatici e ben disposti nei confronti dei figli. I genitori sono Mike (Martin Henderson) e Cindy (Christina Hendricks), due persone che hanno raggiunto il loro obiettivo nella vita, avere figli a cui pagare la rispettiva carriera scolastica per poi rimanere soli, continuando ad amarsi, diventando vecchi e forse morendo, anche prima del tempo. Normale ciclo della vita. Ma purtroppo niente di tutto ciò va come previsto. Al loro arrivo al campeggio di case prefabbricate scoprono con grande sorpresa ed inquietudine che il posto è totalmente disabitato. Non c’è più nessuno. Questo fattore li rende gli unici in quel luogo che ancora vivono, parlano e si muovono nello spazio, senza alcuna paura (inizialmente) o timore di quello che potrebbe accadergli poichè giunti proprio lì. Ciò che però salta subito alla mente è una domanda: “Sono scappati tutti o sono semplicemente morti?”. La risposta arriva molto presto e senza nemmeno interessare del tutto, provocando terrore o sgomento, o qualunque altra reazione nello spettatore ignaro. Scopriamo molto presto che tutte le persone all’interno delle case prefabbricate sono state uccise e fatte a pezzi dai tre famosi psicopatici incappucciati del primo capitolo The Strangers. Li avevamo seguiti allontanarsi sulla strada con il loro fuoristrada, li ritroviamo dieci anni dopo, diversi, più stanchi, meno invincibili, maggiormente attirati dalle loro stesse morti e con metodi di uccisione più violenti e crudi. Così come nel precedente film, all’interno di questo secondo seguiamo ciò che resta di una notte, poche ore in cui una famiglia non così unita deve fare di tutto per unirsi e sopravvivere, per poter tornare alla normalità, come in qualunque altra famiglia. Ma proprio perchè questa non è una famiglia come tutte le altre, siamo convinti che potrebbe cavarsela e ci sono almeno cinque buoni motivi che il buon Bryan Bertino sparpaglia qua e là all’interno del film, servendosi della sua ottima gestione della scrittura degli eventi in sceneggiatura. Questi cinque motivi sono del tutto personali e soggettivi, legati ad una analisi data anche dalla visione ravvicinata a livello di tempi, del primo e secondo capitolo di The Strangers. 1) La Cindy di Christina Hendricks a differenza della Kristen di Liv Tyler sa come usare la violenza e fare del male. 2) La teenager Kinsey, piena di problemi, rabbiosa nei confronti dei genitori e della famiglia nella sua accezione più totale forse non è così indifesa e intimorita come invece sembra che voglia apparire per gran parte del film. 3) Il Mike di Martin Henderson a differenza del James di Scott Speedman, conosce l’uso delle armi e non ha raccontato menzogne su questo, spara e mira con grande capacità, forse lo ha già fatto. 4) Luke, il ragazzo, forse non sarà così inutile e privo di inventiva, debole e piuttosto lagnone rispetto alla sorella Kinsey. L’importante è usare la giusta arma. 5) L’uomo in maschera questa volta appare stanco, totalmente nichilista, compie gli stessi gesti già visti in The Strangers, qui molto più lentamente, come s davvero cercasse la sua stessa morte. Rispetto al precedente capitolo, questa volta si è puntato tutto su un modello di cinema che mette in primo piano l’action, il body horror, il bagno di sangue e la violenza più o meno fine soltanto a se stessa. Ciò che cambia totalmente è il rapporto vittima-carnefice. Se nel primo film i ruoli erano chiarissimi, da una parte la giovane coppia di fidanzati/vittime e dall’altra la banda dei tre incappucciati psicopatici/carnefici, in questo secondo film i ruoli sembrano essere gli stessi per poi confondersi e forse addirittura ribaltarsi via via che il film procede. Insomma l’infernale trio questa volta ha trovato pane per i suoi denti. La critica USA come quella più o meno internazionale lo ha stroncato, definendolo un film debole. Ma basta una visione attenta e del tutto interessata, per rendersi conto che questo secondo capitolo è in grado di stupire realmente, per via di alcune trovate stilistiche o precise attenzione in regia e sceneggiatura. A distanza di dieci lunghi anni dal primo capitolo, esce nelle sale questo strano prodotto che è allo stesso tempo un remake, reboot ed un sequel. Prey at night amplia i presupposti del capitolo originario, tornando più o meno sulle stesse tematiche e cifre stilistiche della saga, come la scelta di mantenere il segreto sugli individui psicopatici mascherati e le loro azioni del tutto immotivate. Come il film originale, anche qui nessuna risposta certa circa le loro azioni e identità. Là dove The Strangers si faceva strumento di denuncia sociale e sbriciolamento di tutte le sicurezze su cui le nostre vite e società sono fondate, qui si raggiunge un punto di partenza e di arrivo totalmente differenti. Un altro modello di cinema sicuramente più nichilista e meno ingegnosamente elegante rispetto a quello del primo. Sorprendono le varie strizzate d’occhio e citazioni cinematografiche con cui Johannes Roberts riempie il film. Per sempio è chiarissimo questo modello di cinema che guarda in direzione John Carpenter, nell’uso di un certo tipo di colonna sonora, una regia che riesce a sorprendere e generare reale interesse ed ammirazione per la sua asciuttezza, ritmo serrato dell’azione, ricerca autoriale e conseguente ottima capacità tecnica. Raffinato e particolarissimo gusto personale nell’affrontare questo specifico genere, l’attenzione così tipica di Carpenter dell’inserimento del massacro in una cornice dal forte senso drammaturgico. Inutile negarlo, The Strangers ed il suo inizio così singolare e potente, a tratti geniale e del tutto intelligente con la giovane coppia di fidanzati che reduce da una furiosa litigata, cercava di chiudere la serata in tranquillità, senza troppe lacrime, urla e traumi, qualcosa di davvero insuperabile e irripetibile. Questo nuovo film tenta di replicare la stessa situazione o almeno lo stesso ideale, pensando più in grande, raccontando quella stessa difficoltà e rottura, mancando però di quella potenza ed incisività data dalla sola coppia di fidanzati in scena. La famiglia è composta da più membri, una crisi interna li sta allontanando e forse quello che vediamo è l’ultimo viaggio che faranno insieme. Ciò che stravolge completamente il modello filmico è questo ampliamento dei presupposti, e quindi non più la casa ma lo scadente e solitario villaggio residenziale, già di per sè interessante e colmo di citazioni cinematografiche (celebre il campeggio della saga Venerdì 13). Cambia anche l’ideale alla base del film, perchè il primo aveva come obiettivo una sorta di sbriciolamento di tutte le sicurezze su cui erano e sono attualmente fondate le società occidentali, tra cui l’inviolabilità della proprietà e il falso mito dell’amore che nulla può scalfire. I tempi cambiano e così anche il modello e l’obiettivo filmico di questo bel secondo capitolo, decisamente più nichilista, violento, spettacolare a livello di azione e ritmo serrato e assolutamente meno sofisticato. C’è da dire che si entra in clima horror soltanto dopo trenta minuti e forse qualcosa di più, tutto quello che c’è primo è il racconto e l’inserimento in questa famiglia che si sta dividendo. Minuti necessari al regista per gettare le basi narrative e farci conoscere/simpatizzare i nostri protagonisti. Nota davvero interessante del film ci giunge dal suo finale, con un senso davvero forte di amaro e nichilismo ai massimi livelli, espresso dai killer mascherati e da una struttura statale ben precisa, il cui compito sarebbe quello di curarci e proteggerci. Non siamo al sicuro, non lo siamo in casa e da nessuna altra parte. Questo è il chiaro messaggio che questo bell’horror lancia ai suoi spettatori e ammiratori. Una chiusa finale (per me amante dell’horror) assolutamente da brividi, in grado di alzare ulteriormente l’asticella di interesse di questo strano e curioso franchise, di cui spero di vedere presto un terzo capitolo. Consigliato!
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