Ride (Id; 2018) di Jacopo Rondinelli – Film In Sala
- Eugenio Grenna
- 27 apr 2019
- Tempo di lettura: 3 min

TRAMA:
Max (Lorenzo Richelmy) e Kyle (Ludovic Hughes) sono due riders acrobatici. Quando ricevono l’invito a partecipare a una misteriosa gara di downhill con in palio 250.000 dollari, accettano senza esitazione per poi scoprire – ormai troppo tardi – di doversi spingere oltre i limiti delle loro possibilità fisiche e psicologiche. Quella che affronteranno sarà così una corsa estrema per la sopravvivenza.
COMMENTO:
2001 Odissea nello spazio, L’uomo in fuga, Ready Player One e molto altro ancora. Ride rappresenta quanto di più lontano possa esserci dal panorama cinematografico italiano ed internazionale (fatta eccezione per alcuni casi simili) attualmente. Un’esperienza delirante, spettacolare e spaventosa. Un film assolutamente innovativo ed in grado di gettare interessanti basi per l’ampliamento di un possibile universo cinematografico narrativo, da sfruttare in occasione di nuovi film, sequel, spin-off e prequel legati a questo interessantissimo e potentissimo film che è Ride. Potrebbe diventare un cult e sarebbe la cosa giusta e sarebbe fantastico. Ecco perché: innovativa e anomala mescolanza di linguaggi, penso a quelli più tradizionali, come quello del cinema, e quelli più frenetici, provenienti dalla rete. Una sola maniera per mostrare una storia, dando un aspetto nuovo alla cornice del film mentre quest’ultimo mantiene al suo interno la comprensione intuitiva del racconto. C’è un’idea narrativa e filmica alla base molto precisa e schietta che già fa intendere in quale direzione Ride voglia andare, ovvero, l’estetica del videogioco e non del film tradizionale, in cui la gara vuole portare lo spettatore, integrata da un montaggio che, nonostante i suoi tanti punti macchina, sa da dove pescare per donare ritmo alla pellicola. Ride nel suo voler essere metafora della società attuale e quindi racconta della distanza tra mondo reale e mondo interattivo, restituisce l’ambiente ipertecnologico della società nelle sue diverse variazioni e nei dettagli più insignificanti, mettendo in piedi il mondo d’oggi in cui non siamo più soltanto noi a vedere attraverso uno schermo, ma in cui è lo schermo stesso a vedere e comunicare con noi. Ed è in questo mix di riproduzione tecnologica che va a collidere tutto l’action del film di Rondinelli, in un proseguire di livello in livello fino ad approdare in un incubo che dà una svolta di genere al film e ne offre un’ulteriore e intrigante chiave di lettura. Non più One Man Show, ma Two Men Show, Hughes e Richelmy, due attori in grado di competere e sovrastare con la loro recitazione il predominio delle imprese e della tecnologia. Il primo rappresenta un modello di uomo più fedele alla famiglia, legato alle istituzioni, al suo lavoro e al desiderio di costruirsi una vita tranquilla, piantando dunque radici solide. Coltiva però una passione che tanto naturale e tranquilla non la è, lo sport estremo, il rischio della vita per soddisfare quello specifico godimento. Il secondo invece rappresenta la follia, il voler essere contro il sistema, non si parla di famiglia, radici, lavoro, ma di criminalità, di rischio, soldi, violenza e morte. Due anime messe a confronto. Il bene e il male. Ma niente è come sembra. Lo dimostrerà ben presto l’inserimento di una terza figura totalmente emblematica, non più maschile, ma questa volta femminile, l’unica fra l’altro che vedremo nel corso di tutto il film. Ride trova il suo punto di forza nel mescolare abilmente e senza intoppi thriller, azione e distopia. Il risultato è un prodotto innovativo che trova la maniera di fruire senza eccedere nella componente puramente digitale di internet pur rubandone inizialmente la forma per poi lavorarci sopra e creare uno stile distintivo. Una corsa in cui il folclore entra in connessione con l’odierno e dove a trionfare è l’assoluta modernità della fattura. Partecipare alla gara di Ride è un’occasione da consumare in sella all’entusiasmo, sempre che siate pronti a seguire le regole. Consigliato sì!
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