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Pet Sematary (Id; 2019) di Kevin Kolsch e Dennis Widmyer – Film in sala

TRAMA:

Louis Creed, la moglie Rachel e i due figli Gage ed Ellie si trasferiscono in una casa di campagna nei pressi di un misterioso cimitero per animali, intorno a cui si rincorrono racconti e leggende. Quando una tragedia improvvisa colpisce la sua famiglia, Louis si rivolge al suo bizzarro vicino, Jud Crandall, portandolo a commettere azioni che scateneranno malefiche conseguenze.

COMMENTO:

3 date fondamentali per parlare di questo film

  1. 1983 – Pet Sematary – Romanzo – Stephen King

  2. 1989 – Pet Sematary – Film – Mary Lambert

  3. 2019 – Pet Sematary – Film – Kevin Kolsch e Dennis Widmyer

Partendo dal romanzo di Stephen King. Ci si trova di fronte ad un horror in piena regola, coinvolgente e con una prosa molto scorrevole. Si ha a che fare con un testo profondamente inquietante e disturbante, fortemente autobiografico (torna più volte l’elemento dell’incidente d’auto che si lega drammaticamente alle vicende passate della vita di Stephen King), interessato ad un’analisi spietata e realmente drammatica della famiglia. Hanno enorme peso l’elaborazione del lutto (che nel romanzo ricopre il segmento sicuramente più horror) e la debolezza degli uomini (che spesso si confessano ed ammettono i loro errori, debolezze e scappatelle). Nel romanzo infatti, l’elemento della reincarnazione è soltanto una metafora oscura ed assurda per raccontare tutt’altro, non a caso ricopre soltanto una piccola parte dell’intera narrazione.

Analizzando Pet Sematary del 1989 (prima trasposizione del romanzo di King), diretto da Mary Lambert e scritto dallo stesso Stephen King, diviene chiaro quanto sia complicato ottenere ottime trasposizioni cinematografiche horror dai testi di King dello stesso specifico genere (perchè King poi ha scritto anche molto altro al di là dell’horror), e questo lo sanno molto bene i pochi che invece ci sono riusciti tra cui Andy Muschietti (che ha fatto restare totalmente esterno King dalla sua realizzazione cinematografica di It) e Mikael Håfström (che si è mosso allo stesso modo di Muschietti nella sua realizzazione di 1408). Il film della Lambert infatti, proprio nella sua scelta di mantenere King interno alla lavorazione, dimostra una grande ed eccessiva riverenza nei confronti del celebre romanziere, sfornando un b-movie decisamente fedele al testo di partenza, che in fin dei conti non spaventa (pur proponendo tematiche disturbanti ed inquietanti), colmo di momenti sopra le righe, totalmente assurdi e folli, anche per i canoni della fine del 1980 del panorama cinematografico americano. I personaggi secondari non godono di una buona scrittura, non esiste una prostetica credibile, gli stilemi dell’horror convincono soltanto in parte. Un film molto poco riuscito in cui chiaramente non è percepibile minimamente quel grande senso di angoscia che ti pervade leggendo le pagine del romanzo. Ma come si dice, da un pessimo romanzo se ne possono trarre capolavori cinematografici, da capolavori letterari invece è sempre molto difficile trarne ottimi film, è facilissimo invece trarne pessimi film.

Giungendo infine a Pet Sematary del 2019 (terza trasposizione cinematografica del romanzo di King, considerando l’orribile tentativo sequel del 1992), ci si trova a dover rivalutare in meglio il film originale del 1989 senza alcun dubbio. Questo perchè pur trattandosi di un film horror del 2019, dunque un momento in cui l’horror come genere ha riacquistato una grande importanza, vantando almeno cinque grandi autori internazionali, si sceglie di sfruttare (in senso realmente negativo) un’idea di cinema antica e abusata, quella dei jumpscares, della nebbia fitta ovunque, della prostetica eccessivamente sopra le righe e delle sceneggiature mai profonde e tese, ma molto spesso banali e piene di buchi. Il duo di registi inoltre commette un errore di fondamentale importanza per la riuscita di un prodotto cinematografico come questo: la volontà di tradire totalmente il testo di partenza, stravolgendone completamente il significo, la confezione, le metafore e la narrazione. Un po’ quello che fece Kubrick. C’è una differenza naturale, da una parte un grandissimo autore cinematografico e grande sperimentatore di tecniche innovative, dall’altra un duo di registi piuttosto sconosciuti e privi di quel background tale da permettere e motivare una scelta di quel tipo. Grande tradimento del romanzo che in questo caso coincide con un grande fallimento del film (che comunque a King è piaciuto parecchio a quanto pare). Un film infarcito di suggestioni, ma in fin dei conti vuoto. Al suo interno inevitabilmente contiene piccole sequenze e momenti riusciti e dunque inquietanti, ma sbaglia tutto il resto. L’analisi della famiglia Creed pare soltanto abbozzata, l’amicizia tra Louis e Jud (un John Lithgow davvero sottotono) è inesistente, nonostante il film invece cerchi di proporla ad ogni modo, il passato degli adulti non è mai indagato in profondità come invece avrebbe richiesto, e l’elemento sovrannaturale stravolge completamente il senso del romanzo, gettando sul film i canoni classici dello zombie movie, che dunque in questo film servono a ben poco. Le scene migliori funzionano proprio perché si appoggiano spudoratamente al film originale e giocano con l’aspettativa dello spettatore di “rivedere” quelle scene. Manca totalmente l’anima di King, così come l’anima del romanzo di partenza, che pur restando un horror, contiene grande dramma e tragedia. Il film è piuttosto orribile nel suo tentativo di stravolgere ogni cosa, ciò è ovviamente accentuato da una sceneggiatura debolissima e realmente asciugata, manca tutta una parte di dialogo fondamentale, mancano le confessioni e molto altro. Un film che non funziona quasi per niente, dimostrandosi uno dei peggior horror degli ultimi anni. Consigliato assolutamente no!

TRAILER:


 
 
 

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