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Land Of Mine – Sotto la sabbia (Under sandet; 2015) di Martin Zandvliet – Film Recupera


“Quando Avrete Finito, Potrete Tornare a casa” Il sergente Carl (Roland Møller) ai ragazzi

La sinossi: Danimarca, 1945. La lotta per la sopravvivenza sembra ormai non conoscere limiti all’indicibile, consumandosi lenta ed inesorabile. L’incubo della guerra ancora vivo negli occhi dei sopravvissuti, giustifica una distorsione del concetto di giustizia nelle vittime del Nazismo. Sono questi gli ingredienti della tragedia che ha risucchiato la Danimarca – e il mondo – nel vortice nero della seconda guerra mondiale e delle sue conseguenze. Una parabola umana in cui vittime e carnefici si fondono, perdendo la connotazione di topos letterario per varcare quel confine entro cui la disperazione genera uomini bestiali. Nei giorni che seguirono la resa della Germania alla fine della seconda guerra mondiale, gli alleati deportarono migliaia di soldati tedeschi con l’onere di sacrificarsi per riparare al danno inferto al mondo dal regime nazista. Molti di quei soldati non erano addestrati, ragazzi costretti a percorrere in lungo e in largo le coste occidentali danesi per disinnescare più di due milioni di mine; quelle che l’esercito di Hitler aveva posizionato in previsione di un ipotetico sbarco degli alleati.

Il mio commento: Dopo un lungo cammino che l’ha visto passare dai festival di Toronto e Tokyo, l’ultima fatica di Martin Zandvliet, montatore e regista, esce nei cinema con il titolo Land of Mine – Sotto la sabbia. Un film molto significativo, una narrazione giocata costantemente su più livelli, una storia che mostra un’angolazione inedita e poco conosciuta del secondo conflitto mondiale – o meglio, del dopoguerra. Un film che indaga i pregiudizi fra i popoli, il risentimento nazionale, la bieca vendetta. Un gioco di scatole cinesi in cui gli iniziali ruoli di vittima e carnefice si rovesciano. Zandvliet cura soggetto e sceneggiatura di un film che rientra in molte categorie e che assume forti valori pedagogici. Merita di essere mostrato alle scuole perché racchiude in sé un insegnamento sulle altre facce del secolo breve. Perché il passo del baratro è molto più breve di quanto non sembri, e c’è bisogno di narrazioni audaci e coraggiose che ce lo ricordino: il film in questione, ma anche titoli come L’onda (Die Welle) per fare un esempio concreto. Il film si svolge interamente in una spiaggia, spettacolare ma letale scenografia dell’intero film, o quasi, le sabbiose e affascinanti coste della Danimarca sono uno di questi luoghi, un argine lungo migliaia di chilometri cosparso da oltre 2 milioni di mine tedesche. Un luogo idilliaco trasformato in abietta macchina da guerra. Il film di Zandvliet è un’interessante e inusuale scorcio sugli angoli meno conosciuti della Seconda Guerra Mondiale, un lungo capitolo di orrore che ha allungato le proprie ombre e i propri strascichi su storie poco note e che meritano di essere raccontate e diffuse. Land of Mine è un film brutale, coinvolgente, che gioca sapientemente col ritmo lento e tensivo dell’ispezione del suolo e delle operazioni di disinnesco. Sotto il sole cocente dell’estate e con i capelli scompigliati dal vento che spira dal Mare del Nord, un gruppo di ragazzi nel fiore dell’adolescenza, troppo giovani anche solo per fare la guerra, vengono sottoposti a condizioni di prigionia e lavori forzati che non sembrano così lontani dall’atroce segregazionismo antisemitico nazista. È un film che gioca sui confini, siano essi gli steccati fra i campi minati o i confini, geografici e culturali, fra popoli rancorosi e ostili l’uno all’altro. Già il titolo, Land of Mine, gioca con il doppio significato di Mine come mina ma anche come “mio”, la mia terra, una rivendicazione possessiva e vendicativa. Il film si muove su tre piani, tre narrazioni parallele che coinvolgono i ragazzi protagonisti: le lunghe giornate di lavoro di disinnesco puntellate da deflagrazioni e incidenti mortali, il difficile rapporto col sergente Rasmussen, le atroci manovre impartite dai piani alti degli eserciti “vincitori”. Particolarmente significativo il rapporto fra i prigionieri e il sergente Rasmussen, che racchiude dentro di sé una relazione confusa, e che a fasi alterne assume i canottati di una relazione carcerieri-prigionieri, carnefice-vittime, ma anche di un rapporto filiale fra padre e figli. Proprio la confusa sfera dei rapporti personali con il sergente diventa la significativa chiave pedagogica ed esemplare del film. Ma forse in fondo il cuore puro del film di Rasmussen sta nelle due scene che coinvolgono uno dei ragazzini tedeschi e una bambina danese: specchio di innocenza, gentilezza e dolcezza, spiraglio di luce e speranza su un domani che pare ancora lontano. Assolutamente indimenticabile, commovente ed unico… tutto questo è Land Of Mine .. un grande film!

 
 
 

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