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La battaglia dei sessi (Battle Of Sexes; 2017) di Jonathan Dayton e Valerie Faris – Recuperato


LA TRAMA: Il film racconta il leggendario incontro sportivo tra la campionessa di tennis Billie Jean King e lo sfidante Bobby Riggs, passato alla storia come La battaglia dei sessi. 1973, l’attempato Riggs (Steve Carell) sfila ancora sul campo come una star in passerella, con le ricche doti di intrattenitore affascina i media e il pubblico presente, e lancia dichiarazioni che non può rimangiare: “Non dico che le donne non dovrebbero stare in campo, altrimenti chi raccatterebbe le palle!”. La sfida è aperta. La giovane Billie Jean King (Emma Stone), paladina della lotta contro il sessismo, ascolta e memorizza le provocazioni dell’arrogante avversario, perché medita di rispedirle al mittente con un dritto e un rovescio direttamente sul campo di Houston. Il risultato del match è storia, ma i preparatitivi e la preparazione dei campioni rasentano il mito. Prima di scatenarsi sul campo da tennis, la battaglia dei sessi tra il vecchio atleta esibizionista e l’impassibile ragazza occhialuta infuria in conferenza stampa e sulle copertine dei rotocalchi.

IL MIO COMMENTO: Sì è sempre tennis. Sì è sempre cinema sullo sport. No, non si tratta di Borg McEnroe. Non è infatti lo sport e tutta la sua storia ciò che ruota attorno a La battaglia dei sessi. Si tratta piuttosto di un film interessato al fenomeno (unicamente) mediatico legato al tennis e non alle sue reali dinamiche sportive. Insomma, l’importanza dei media, l’impatto mediatico che ha avuto questa vicenda e i suoi personaggi, sono gli elementi che realmente interessano ai due registi del film Jonathan Dayton e Valerie Faris. C’è quindi molto di non sportivo all’interno del film, ciò su cui sembra concentrarsi maggiormente infatti sono le relazioni familiari e relazioni affettive/sessuali che vengono a crearsi con il procedere del film. Inaspettatamente ci si concentra molto su questo elemento, andando a fondo nel trattare la battaglia personale che la campionessa Billie Jean King (una Emma Stone incisiva e potente) dovette affrontare all’epoca dei fatti, ovvero quando rese più o meno esplicita la sua omosessualità, e quindi tutti i problemi legati al suo matrimonio apparentemente perfetto ma nella realtà di convenienza e in grado di garantire un minimo di rigore sociale. Allo stesso tempo il film si concentra molto sui problemi (sempre famigliari ed affettivi) ma anche quelli d’alcolismo e dipendenza dalle scommesse, maschilismo e vita sregolata vissuti da Bobby Riggs (un sempre più sorprendente Steve Carell). Due persone totalmente differenti, di sesso opposto che, combattono all’interno di una società sessista e anti-femminile per cause opposte. Questo si rivela molto divertente. Da un lato c’è la volontà di dimostrare la parità tra i sessi, questo era il desiderio di Billie Jean King. Dall’altro lato invece c’è la volontà di dimostrare la supremazia del sesso maschile, ovviamente il desiderio di Bobby Riggs. Non si tratta di un film sportivo, in quanto non riesce o almeno non si rivela in grado di soddisfare nel mostrare i pochi match tennistici giocati dai due protagonisti, in quanto girati piuttosto male, quasi in maniera banale ed affrettata. Come se proprio non ci fosse alcun interesse in quei momenti. Ma non è un difetto così grosso proprio perchè l’intenzione del duo registico era totalmente indifferente rispetto al mostrare lo sport nella sua natura combattiva e quasi spettacolare. Piuttosto l’importanza stava nel trattare e raccontare l’incontro/scontro prettamente ideologico e morale tra i due e non quello specificatamente sportivo menzionato poco più sù. Anche se ovviamente ci sarà in una parte finale non così entusiasmante. Steve Carell nel ruolo di Bobby Riggs funziona, diverte e sorprende. Un’altra importante trasformazione camaleontica da parte di questo ottimo attore che, cominciò la sua carriera con film comici e commedie di poco conto, fino ad arrivare a film decisamente più significativi e potenti, drammi e thriller candidati a grandi premi, quali il bellissimo Foxcatcher, film del 2014 di Bennett Miller. Lo stesso lo si può dire dell’interprete di Billie Jean King, una Emma Stone del tutto calata nella parte, anche se onestamente la si apprezza di più in ben altri ruoli, poichè rischia di non essere del tutto credibile in certi momenti specifici. Molto divertente e stilisticamente cool il modo in cui i due registi mettono in scena il fenomeno mediatico in tutta la sua grandezza di quegli eventi,lo sport ed il suo mito che, rendono sin da subito attraente, divertente, colmo di ironia e grande simpatia il clima del film. Finalmente c’è qualcosa di assolutamente nuovo e funzionale in questo film, ovvero il modo in cui il sessismo viene messo del tutto da parte in certi segmenti, e non usato in continuazione per specificare che diviene necessario giudicare il film partendo dalla supremazia di Billy King, rispetto a quel mondo maschilista e retrogrado, ed il vantaggio a favore del sesso femminile che qui risulta davvero credibile e messo in scena con criterio. Il film è consigliato, in quanto prodotto cinematografico d’interesse storico/culturale che gode di una buona regia e sceneggiatura, ma anche di interpretazioni di prim’ordine ed una fotografia molto calda, vivace e dichiaratamente pop. 

 
 
 

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