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L’isola dei cani (Isle of Dogs; 2018) di Wes Anderson


Rex (Edward Norton): I used to sleep on a lamb’s wool beanbag next to an electric space heater. That’s my territory, I’m an *indoor* dog.

King (Bob Balaban): I starred in twenty-two consecutive Doggy Chow commercials. Look at me now, I couldn’t land an audition.

Boss (Bill Murray): I was the lead mascot for an undefeated high school baseball team. I lost all my spirit, I’m depressing.

Duke (Jeff Goldblum): I only ask for what I’ve always had, a balanced diet, regular grooming, and a general physical once a year.

Chief (Bryan Cranston): You’re talking like a bunch of housebroken… pets.

Rex (Edward Norton): You don’t understand. Uh, how could you, I mean you’re a…

Chief (Bryan Cranston): Go ahead say it. I’m a stray, yeah.

LA SINOSSI: Giappone, 2037. Il dodicenne Atari Kobayashi va alla ricerca del suo amato cane dopo che, per un decreto esecutivo a causa di un’influenza canina, tutti i cani di Megasaki City vengono mandati in esilio in una vasta discarica chiamata Trash Island. Atari parte da solo nel suo Junior-Turbo Prop e vola attraverso il fiume alla ricerca del suo cane da guardia, Spots. Lì, con l’aiuto di un branco di nuovi amici a quattro zampe, inizia un percorso finalizzato alla loro liberazione.

IL COMMENTO: L’isola dei cani ovviamente è l’ennesimo ottimo film di Wes Anderson, non avrebbe potuto essere un brutto film e non avrebbe potuto essere nemmeno semplicemente bello. Lo stile di Anderson è come quello di Tarantino o altri particolari registi che o ami o odi. L’isola dei cani è un concentrato di stili, temi ricorrenti e poetica Andersoniana davvero ben gestito. Un film che riesce a combinare una perfetta scrittura umoristica (a volte si tocca lo stilema del cinema demenziale) ad una scrittura che si fa più seria, una sorta di denuncia socio/economica della realtà in cui noi tutti viviamo, ma anche una denuncia sulle classi politiche attuali che viene mostrata, raccontata e messa in scena in una maniera davvero invidiabile, mai troppo pesante mai troppo leggera. Sicuramente questo è il film più politico e più impegnato a livello di tematiche scritto e diretto da Wes Anderson. Il soggetto come sempre è in collaborazione con i suoi sodali Coppola e Schwartzman. Certamente non è il suo film più bello (a parer mio), ma è comunque in una buona posizione all’interno della sua filmografia. Una distopia che poteva riuscire soltanto in un racconto stop motion a livello cinematografico, con delle inquadrature che riescono ad essere spettacolari anche nel loro minimalismo per alcune, mentre per altre si abbonda di soggetti, oggetti e paesaggi, ogni inquadratura è stupefacente e meravigliosa. La narrazione e la vicenda raccontata come sempre (per quanto riguarda Anderson) sorprende e diverte (c’è spazio anche per la riflessione e per le lacrime) ma soprattutto la coralità che in questo film raggiunge picchi di divertimento e di comicità ma anche di perfezione mai raggiunti prima di questo momento. Anderson è un grande regista corale, molto abile nel trattare diversi attori in scena, facendoli interagire tra di loro, facendoli guardare o facendoli stare soltanto in silenzio, e non sono molto i registi in grado di gestire un film corale e renderlo ottimo. L’isola dei cani è in definitiva un film da non perdere assolutamente. Non si può parlare di film innovativo (come alcuni giornali hanno scritto) o di nuova pietra miliare del cinema di Anderson e non solo (come altri giornali hanno scritto) ma si tratta comunque di un tassello decisamente significativo e profondamente sorprendente all’interno del cinema di Anderson e nel suo senso più generale, anche se con Grand Budapest Hotel si era andati anche molto oltre, per non parlare de I Tenenbaum. Un prodotto d’animazione stop motion davvero singolare e magnifico, unico all’interno del suo genere a brillare in quanto cura alle inquadrature, alla gestione della coralità, alla trattazione di temi seri contrapposti a temi comici, demenziali e surreali. Film consigliatissimo!!

 
 
 

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