L’angelo del male – Brightburn (Brightburn; 2019) di David Yarovesky – Film In Sal
- Eugenio Grenna
- 15 giu 2019
- Tempo di lettura: 5 min

TRAMA:
La vita di Tori cambia profondamente dopo l’arrivo del piccolo Brandon, coronamento del suo sogno di diventare madre. Ma Brandon non è un bambino come tutti gli altri. Proviene da un altro mondo e, anziché divenire un eroe per l’umanità, si rivelerà presto qualcosa di molto sinistro.
COMMENTO:
JAMES GUNN TRA IL SUPERHERO MOVIE E L’HORROR
Due film per introdurre questo breve paragrafo riguardante il cinema ormai dimenticato di James Gunn, quello che va dal 2006 al 2010.
1) Slither (2006) 2)Super – Attento Crimine!!! (2010)
Slither apparteneva ad un’idea di cinema horror/slasher volutamente di serie b, poicè faceva della volgarità, sessualità, della pessima effettistica e di un controllo degli attori assolutamente sopra le righe, i suoi punti forti. Chiarissimo il citazionismo al cinema horror degli anni 70/80/90, soprattutto titoli come Blob – il fluido che uccide, ma anche, L’invasione degli ultracorpi, La cosa da un altro mondo e via dicendo. Un horror divertito e divertente, racconto rurale e di quella tipica classe sociale americana identificabile nella definizione: white trash.
2)Super – Attento Crimine!!! (2010)
In un momento in cui i grandi studios cinematografici cominciano a lavorare all’adattamento di famosi comics e fumetti riguardanti supereroi dagli incredibili poteri, Gunn realizza un piccolo film, ormai sconosciuto, violento e sporco, realizzato con una regia apparentemente amatoriale, in cui un piccolo uomo, stanco dei problemi, delusioni, dei mille rifiuti e svolte negative della sua vita, decide di prendere in mano la situazione e ripulire la sua città dalla violenza, dal degrado, dalla droga e dai malvagi, usando appunto lui stesso grande violenza per portare a termine l’obiettivo. Memorabile e ormai cult. Assolutamente un film da recuperare per comprendere realmente il discorso che Gunn vuole fare a proposito del ruolo che comincia a coprire il supereroe nella società odierna, nel cinema di adesso e nella letteratura per ragazzi che è dunque fatta di Graphic Novels e Comics.
SUPEREROI CHE SBAGLIANO, M. NIGHT SHYAMALAN E SUPERMAN
Negli ultimi anni diversi registi si sono cimentati nell’impresa di lettura alternativa in chiave negativa, antieroica ma pur sempre con un fondo di bontà, violenta e malvagia delle logiche narrative appartenenti al superhero movie più classico. Basti pensare ad Hancock (2008) di Peter Berg, Chronicle (2012) di Josh Trank, Midnight Special (2016) di Jeff Nichols, Lo chiamavano Jeeg Robot (2015) di Gabriele Mainetti ed infine Venom (2018) di Ruben Fleischer. Sono tutti casi cinematografici piuttosto recenti in cui ci si è interrogati sulla possibilità di sfruttare le logiche del superhero movie girandole al contrario, ossia, non interessandosi più all’uso dei poteri per fare del bene, quanto all’uso dei poteri per fare del male, oppure per un personalissimo divertimento e sfogo. Sono tutte idee di cinema che in senso metaforico raccontano la deviazione della società odierna, e dell’eterna battaglia tra bene e male e tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Approcciandomi a Brightburn ho pensato ad altri due titoli, molto differenti da Brightburn, ma soprattutto piuttosto distanti l’uno dall’altro. Signs, dramma famigliare a sfondo religioso (politico) e fantascientifico, scritto e diretto da un giovane M. Night Shyamalan, che gira in modo molto curioso questo piccolo film tra dei campi di granturco apparentemente sterminati ed una fattoria a conduzione famigliare. Man Of Steel (2013), superhero movie decisamente più canonico e tradizionale, nonostante una regia atipica, ispirata e citazionista (pare per gran parte del film che si tratti di Malick). Zack Snyder nel 2013 rilegge il fenomeno culturale e fumettistico (nonchè cinematografico) Superman, appoggiandosi ad una sceneggiatura niente male di David S. Goyer, ed analizzando il suo protagonista e le vicende da lui vissute, attraverso una chiave intimista, psicoanalitica e filosofica. Tutti questi titoli hanno più di un elemento in comune con Brightburn, interessante horror superhero movie di Yarovesky.
WHITE TRASH, CIÒ CHE VIENE DALLO SPAZIO E DRAMMA FAMIGLIARE
Quello che davvero stupisce di Brightburn è la sua volontà di essere prima di tutto un dramma famigliare, vengono infatti affrontate (in modo piuttosto intelligente) importanti dinamiche quali: l’adozione, l’abuso infantile, il bullismo, la sessualità deviata ecc. Dunque Yarovesky, ma soprattutto Mark e Brian Gunn in sceneggiatura, creano una sorta di ibrido cinematografico, poichè ci si rende presto conto che il film non è totalmente catalogabile come horror (pur avendone molti elementi e stilemi), non è totalmente catalogabile come superhero/villain movie (nonostante ne abbia tutte le caratteristiche) ed infine non è nemmeno totalmente catalogabile come dramma famigliare e racconti di classi sociali specificatamente rurali e arretrate rispetto al resto della società (nonostante la presenza di una prima parte di film puramente tale). Lo zampino di James Gunn è identificabile specialmente in alcune sequenze di violenza esagerata e scambi di battute surreali, per quanto volgari e apparentemente fuori luogo. C’è un momento di grande potenza narrativa e filmica in cui un padre si ritrova dinanzi ad una scelta concreta realmente grottesca, da cinema di Yorgos Lanthimos o Lars Von Trier, che vale tutto il resto del film. Grande attenzione alle location, poichè Yarovesky non sfrutta il contesto urbano, la metropoli nel suo caos e nella sua moltitudine di personaggi, bensì un contesto rurale, desolato, di american white trash, bungalow, fattorie a conduzione famigliare e scuole gestite da abitanti e persone legate da parentele molto strette. Un mondo che ricorda quello di Un gelido inverno, Go With Me e Cold In July. Assume grande importanza la scelta del contesto sociale e narrativo, poichè permette al protagonista del film di evolversi in tutta tranquillità, di sperimentare il male e la violenza di cui è capace senza infastidire (troppo) nessuno e senza creare enormi disagi, che invece in un contesto urbano sarebbero stati immediati. Una lettura metaforica del bambino/individuo che si trasforma in bestia, non selvaggia da natura boschiva, ma spaziale, la cosa venuta dallo spazio, attratta da qualcosa che è nascosta nel fienile della fattoria di famiglia. I Gunn e Yarovesky, volendo legare l’horror, più di ogni altro genere cinematografico a questo film, sfruttano più volte l’utilizzo di jump scares, basti pensare alle sequenze di nascondino interne al fienile appena citato, oppure nella sequenza notturna di uccisione al diner (probabilmente il secondo grande momento degno di nota del film). Non ha incassato ciò che molti si sarebbero invece aspettati, criticato negativamente e giudicato come un brutto film di serie B poco riuscito. Ho trovato il film molto interessante, proprio per il suo continuo cambio di genere in genere, della sua natura indefinita e della sua cattiveria (da corretto RATED R) che sfocia addirittura in più momenti da vera e propria tragedia greca. Le interpretazioni sono calibrate e rigorose, quella che sicuramente ne esce meglio è Elizabeth Banks, madre affettuosa, legata molto intensamente ad un figlio non suo, ma che lei si ostina a considerare tale, tanto da difenderlo dinanzi all’evidenza delle colpe e di fatti da quest’ultimo commessi. Un’interpretazione di madre molto forte, da vero dramma famigliare, che nulla ha da invidiare a titoli come Tully e Babadook. Da ricordare che la Banks, già si era trovata al centro di un ottimo e divertentissimo body horror slasher in mano a Gunn diversi anni precedenti rispetto a Brightburn, ovviamente Slither. ù
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