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Il sacrificio del cervo sacro (The Killing Of A Sacred Deer; 2017) di Yorgos Lanthimos


TRAMA:  Steven è un cardiologo: ha una bellissima moglie, Anna, e due figli, Kim e Bob. All’insaputa di costoro, tuttavia, si incontra frequentemente con un ragazzo di nome Martin, come se tra i due ci fosse un legame, di natura ignota a chiunque altro. Quando Bob comincia a presentare degli strani sintomi psicosomatici, la verità su Steven e Martin sale a galla.

IL MIO COMMENTO: 

Ho visto questo stranissimo ma assolutamente affascinante film di Yorgos Lanthimos parecchio tempo fa. Ho deciso di metabolizzarlo e rifletterci a lungo prima di scriverne.Ecco alcuni pensieri. Il genere di collocazione, è tranquillamente (a parer mio) l’horror, questo perchè Lanthimos, regista e sceneggiatore greco classe 1973, viene da un ottimo film grottesco con venature vicine al cinema horror ma in quel momento non ancora specifiche, The Lobster (Id; 2015). Film grazie al quale ha cominciato a sperimentare questo modello di cinema a cavallo tra il dramma psicologico, il filosofico e l’horror puro, generi fra l’altro tutti presenti in questa sua ultima fatica. La sequenza di apertura è già di per sé annunciatoria e del tutto folle. Un cuore pulsante circondato da accessori medici con l’accompagnamento solenne e apparentemente fuori luogo dello Stabat Mater D383: I. Iesus Christus Schwebt Am Kreuzel. Un’introduzione anche piuttosto lunga, da qui la poca importanza data al minutaggio da parte del regista in questione. Contando che la durata totale è di poco oltre le due ore. Chiarissime le intenzioni di questo film nel voler citare tutto un modello di cinema che ruota attorno a a Stanley Kubrick e Michael Haneke. La vicenda è un po’ differente rispetto a quella presentata in The Lobster, in cui un uomo totalmente nichilista (Farrell), solitario e sconsolato tentava di reintrodursi in una sorta di società distopica attraverso una metafora allucinante e dissacrante. L’ingresso in una clinica in cui i single avevano l’obbligo di trovare un partner, in caso negativo quei single venivano trasformati in un animale a scelta. Qui invece siamo più dalle parti del cinema corale. Infatti seguiamo le vicende della famiglia Murphy, alto borghese, apparentemente perfetta, rispettosa di rigide regole (alcune folli e altre accettabili) e di un ragazzino piuttosto inquietante, Martin che, si ritroverà a scontrarsi con il capo famiglia, il Dott. Murphy, un ottimo Colin Farrell, invecchiato e imbolsito, ma soprattutto con una forma di interpretazione giocata sulla sottrazione. Si potrebbe ridurre l’intera vicenda a: Tutti pagano il conto. Ma Lanthimos si diverte nel complicare gli eventi, trascinarli e renderli ancora più dolorosi e fastidiosi. Il clima è quello della tragedia greca. Il Dott. Murphy con la sua bella famiglia perfetta, moglie (una rediviva, fredda e francamente sorprendente Nicole Kidman) e i due figli teenager (Raffey Cassidy e Sunny Suljic), forse ha qualcosa da nascondere o forse qualcosa di nascosto esiste già. Probabilmente ha commesso un tragico errore nel suo passato, cancellando una vita, pur non avendone alcun diritto, ecco dunque che l’angelo/l’impersonificazione della vendetta, malattia e morte (Martin/un eccezionale Barry Keoghan) a distanza di anni bussa alla porta del Dott. Murphy, per calare (metaforicamente e non) la sua ascia sulla testa di quest’ultimo per pareggiare i conti. Il film ha una regia incredibile, sembra di seguire un film diretto dal duo Kubrick-Haneke, e quindi per forza di cose Eyes With Shut e Funny Games. Si parte da alcune introduzioni narrative molto lente e apparentemente “tranquille”, per poi giungere rapidamente ad un clima più cupo, angosciante ed inquietante. Il fatto che il film riesca in questa mutazione radicale lo si deve all’ottima e paurosissima presenza scenica di Martin che come una zecca o peggio un parassita si installa (inizialmente con riserbo) nella famiglia Murphy, per poi volerne diventare parte fondamentale (in maniera brutale), spargendo sulla famiglia stessa il seme di un male inspiegabile e forse divino. Quello di una misteriosa patologia paralizzante che con il passare dei minuti farà sempre più vittime e danni. Prima i figli che, attraverso un calvario fisico e psicologico avranno pensieri e tenteranno azioni piuttosto immorali e subito dopo la minaccia: Tutto potrebbe estendersi anche alla moglie e successivamente al nostro protagonista, il Dott. Murphy. Come mettere fine a tutto questo? Scegliendo una vittima da sacrificare all’interno della famiglia che il Dott. Murphy (lui e soltanto lui) dovrà uccidere. C’è un uso del body horror e della sofferenza fisica scenica assolutamente magnifico e straziante, talmente Lanthimos riesce a metterlo in scena con immagini crude, senza tagli, grande audacia e coraggio. Ciò che è davvero fastidioso e pauroso in questo film è però il non detto che trapela dai lenti ma precisi movimenti della macchina da presa, dai dialoghi e situazioni surreali (l’incestuosità ne fa parte) ed i molti sguardi accompagnati da silenzi. Eyes Wide Shut incontra Funny Games. Il risultato è uno strano, stranissimo ibrido tra horror psicologico sul nido, la casa e la famiglia (Rosemary’s Baby), dramma interiore e filosofico (Eyes With Shut) e thriller erotico. Quello che mi ha davvero colpito è il modo in cui Lanthimos con i primi piani sui volti (sono molti), il suo modo tipico di inquadrare e girare le scene e sequenze in interni ed esterni di queste bellissime abitazioni, riesca a raccontare esclusivamente per immagini, con una quasi totale assenza di parole il non detto, e quindi instillare costantemente nello spettatore il terrore , l’ansia e l’angoscia per quello che inevitabilmente accadrà. Due momenti mi hanno davvero inquietato e angosciato. 

1) Il primo in cui il Dott. Murphy è invitato a cena da Martin (il ragazzino/angelo del male), una serata piuttosto anomala che termina con una leccata di mano e tentativi sinistri e disperati di contatto fisico o più precisamente sessuale. 

2) Il secondo in cui Anna Murphy (Nicole Kidman/la moglie del Dott. Murphy) va a cercare Martin (il ragazzino/angelo del male)  a casa sua. Loro due sono soli nell’abitazione. Martin la accoglie nel salotto e nel frattempo mangia un piatto di spaghetti. Anna lo implora di porre fine al dolore che tiene in ostaggio continuamente lei e ì, i suoi figli e l’intera famiglia Murphy. Ma lui mangia e sorride senza dire nulla. Il modo in cui Lanthimos inquadra e gira questa specifica sequenza di Martin che mangia gli spaghetti mi ha realmente terrorizzato. 

Per concludere, si tratta di un film piuttosto complesso ed interessante. Malato ed angosciante, in grado di sradicare tutte le certezze che ruotano attorno alla famiglia, al ceto alto borghese ed al passato che torna. 

Consigliato: Assolutamente sì.

Nota Bene – Assolutamente consigliato agli amanti del cinema e del regista in questione, del tutto atipico, indipendente ed anomalo all’interno del panorama cinematografico mondiale. Da evitare se si è in cerca di un horror psicologico leggero e senza troppe pretese. Poichè si tratta di un film horror camuffato da dramma e da film esistenziale/filosofico, in grado di muoversi liberamente tra autorialità più pura e cinema sperimentale, ma anche surreale e nonsense. Uno sconcertante ed inaspettato pugno nello stomaco.

 
 
 

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