Hold The Dark (Id; 2018) di Jeremy Saulnier – I film da vedere su Netflix
- Eugenio Grenna
- 27 apr 2019
- Tempo di lettura: 3 min

TRAMA:
Un lupo uccide un ragazzo in un remoto paese dell’Alaska. Un naturalista indaga sul caso e si si fa coinvolgere in un pericoloso triangolo con i genitori della vittima.
COMMENTO:
Quello che è immediatamente chiaro (sin dalle prime sequenze) è che la forza di Hold the Dark – distribuito su Netflix dallo scorso settembre, diretto da Jeremy Saulnier su una sceneggiatura del suo attore feticcio, Macon Blair, basata sull’omonimo romanzo di William Giraldi, sta proprio nella capacità, da parte di Saulnier, di saper “tenere” questo buio, , di riuscire a modularlo e distillarlo senza mai sognarsi di scioglierlo. Calandosi nel microcosmo di una comunità superata dalla Storia, abbandonata da qualsiasi ipotesi di progresso, in cui sopravvivono credenze ancestrali e dove il resto del mondo è un miraggio tutt’al più orecchiato. Saulnier sa creare una tensione asfissiante senza fornire risposte né rassicurazioni, sa raccontare senza sciogliere un giudizio e mettere a fuoco i personaggi attraverso laconici scambi di battute che ne definiscono il contesto, o con brevi, fulminanti scene che stabiliscono un codice morale. E, oltre a sostenere questo buio, il regista sa anche quando liberare i propri lupi. Lo fa in un’impressionante sequenza di quasi venti minuti, una sparatoria che sembra convogliare tutta la violenza contenuta nel suo cinema e liberarla in una sequenza che lascia attoniti, ma che apre la strada a un finale di rinascita: dove è giusto che la vendetta soccomba all’amore e alla comprensione e le parole si facciano viatico per la ricostruzione di un rapporto a pezzi. Jeremy Saulnier, giovane promessa (specificatamente registica) del cinema indipendente americano odierno, ha scelto di affidarsi alle coraggiose, moderne (e decisamente più aperte) e rassicuranti coccole distributive di Netflix con Hold the Dark. Il prodotto esclusivo Netflix non è né una serie, né un prodotto cinematografico qualunque, in quanto si tratta di un torbido thriller di tutto rispetto che, nonostante le gelide atmosfere di una desolata Alaska di frontiera, porta su di sé il peso di una narrazione totalmente enfatica, privo di qualunque concretezza, e dominata da un clima di assurdità ed assenza di sostanza davvero inedita. Tutte queste caratteristiche lo rendono non solo un thriller atipico inserito nel suo genere d’appartenenza, ma anche un film piuttosto anomalo e misterioso. Non è mai chiaro (nemmeno nel finale) dove voglia andare a parare Saulnier, se voglia chiudere il film nel thriller o tra l’horror ed il fantasy misterico e simbolico. Non c’è nulla di chiaro e proprio questo dettaglio lo rende molto interessante. Il fatto che da una serie di premesse a prima vista banali e scontati si vada poi a sfociare in un contesto narrativo totalmente inedito, privo di sicurezze e logica, proprio perché lo spettatori resti spaesato di fronte a ciò e non sappia spiegarsi che cosa stia avvenendo davanti ai suoi occhi. Ed è proprio dell’oscurità– tanto reale quanto metaforica – che Hold the Dark ci parla sin dal titolo, trasportandoci nei torbidi misteri che si celano nel desolato e glaciale villaggio di Keelut, dove il naturalista in pensione Russell Core (Jeffrey Wright) viene chiamato dalla giovane Medora (Riley Keough) per cacciare e uccidere il lupo che, a suo dire, avrebbe rapito l’amato figlioletto. Sperduto ai gelidi confini settentrionali di un’America dimenticata, dove l’ostilità della popolazione locale non può che incrementare la già più che sostanziosa tensione generale, l’uomo inizierà ben presto a capire che i cagnoni ululanti c’entrano ben poco con i misteriosi accadimenti e che il piccolo scomparso, il cui padre Vernon (un tostissimo Alexander Skarsgård) di ritorno dall’Iraq, è forse incappato in un destino a dir poco inimmaginabile. Non vi è alcun dubbio che Saulnier sia uno davvero competente e che la sua impeccabile messa in scena giochi un ruolo fondamentale nel rendere Hold the Dark uno dei prodotti certamente migliori rilasciati dalla piattaforma nell’ultimo periodo. Tuttavia è necessario aggiungere che non si sono raggiunti su nessun piano gli altissimi livelli dei due precedenti film di Saulnier, soprattutto quelli del grande (e del tutto atipico) thriller “Blue Ruin”. Proprio perché Hold The Dark sembra non raggiungere mai una piena consapevolezza del proprio finale, quasi come se non lo conoscesse fino in fondo e si percepisce dunque un’assenza di enfasi e di risoluzione. La durata alla lunga risulta eccessiva ed i tempi fin troppo dilatati. Nemmeno si trattasse di serialità e quindi di un Pilot. Molto interessante, nella sua imperfezione e nella sua goffaggine, un thriller atipico gelido e spaventoso che vale la pena di vedere, fosse anche per le sue splendide ambientazioni. Consigliato sì!
TRAILER:
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