A Quiet Place (Id; 2018) di John Krasinski
- Eugenio Grenna
- 17 mag 2018
- Tempo di lettura: 4 min

Lee Abbott ( John Krasinski): [Signed] I love you. I’ve always loved you.
LA SINOSSI: Gli Abbott e i loro tre figli camminano scalzi dentro un supermercato abbandonato e lungo la via del ritorno a casa, lontano dalla città. Sono rimasti in pochi nella loro zona e devono stare attenti a non fare alcun rumore, o le terribili creature che hanno invaso il nostro pianeta li individueranno in un attimo e per loro sarà la fine. Per 472 giorni, gli Abbott sopravvivono, sfruttando il linguaggio dei segni che conoscono bene, perché la figlia maggiore è sordomuta. Ma un altro figlio è in arrivo e non fare rumore diventa sempre più difficile.
John Krasinski torna a raccontare una storia di famiglia, scegliendo però un genere completamente diverso.
IL COMMENTO: A Quiet Place è un film piuttosto geniale e decisamente molto bello. Chiunque altro avrebbe girato il film come un perfetto b movie. John Krasinski alla sua terza regia riesce in un’impresa piuttosto ardua. Quella di girare un bellissimo script da b movie in film di genere. Erano anni che non usciva nei cinema un film ansiogeno e di grande tensione di questo calibro. Talmente ben fatto da risultare impeccabile, a livello di interpretazioni, fotografia, montaggio, regia e sceneggiatura. Non è strano considerare molto buona la sceneggiatura di un film come questo che gioca con il muto, il silenzio. La sceneggiatura non è solo dialoghi, ma è anche descrizioni, espressioni, movimenti e via dicendo. C’è un momento alla “Io sono leggenda” in grado di far venire giù la sala (in lacrima) mentre ci sono parecchi momenti in grado di tenerti incollato alla poltrona per la tensione. Ho adorato A Quiet Place, un film che merita di essere visto più di una volta per cogliere ogni dettaglio. Qui tutto sta sui volti, sulle atmosfere e nel silenzio. Tra The Road e Io Sono Leggendo, ma anche The Mist e Signs. Ma si potrebbe parlare di tanti film in grado di entrare all’interno di questo filmone notevole in piccole dosi. Il film è anche citazionista. Crea tensione e ansia in abbondanza, è molto divertente e fa una scelta piuttosto interessante, cioè scegliendo l’azione e il movimento rispetto all’attesa ed ai tempi morti (più da cinema d’autore) ma soprattutto è veramente sorprendente. A Quiet Place è quindi un film horror post apocalittico ma anche dramma famigliare davvero memorabile. Il 2017 è stato l’anno di Get Out. Il 2018 sarà l’anno di A Quiet Place. Un film pazzesco. Non è l’apocalisse che ha svuotato le città dagli esseri umani, che li ha decimati e costretti a vivere come barboni silenziosi a rendere a A Quiet Place uno dei migliori film di tensione dell’ultimo anno, nemmeno il mistero intorno alla minaccia che ha causato questo mutamento e che obbliga tutti a non fare il minimo rumore, ma le molte maniere in cui il buon padre della famiglia che seguiamo ha modificato la vita sua e dei suoi familiari per poter vivere nel silenzio. È insomma prima di tutto una questione di scrittura A Quiet Place, film che trasforma un’idea di regia (lavorare sull’assenza di suoni e quindi sulle immagini) in una di trama (la minaccia per i protagonisti viene proprio dal sonoro) e che, nonostante il suo voto di silenzio rotto solo occasionalmente con buone ragioni, ha nella regia un buon servo della sceneggiatura. Infatti è lo script che Bryan Woods e Scott Beck hanno scritto assieme a John Krasinski (attore protagonista oltre che regista) a partire da una loro storia a fare la differenza in questo film che una volta sarebbe stato tranquillamente definito un B movie, perché decisamente più concentrato sull’azione che sullo sviluppo dei personaggi, mentre oggi è un ibrido, quasi un’operazione d’autore in cui ad una trama riassumibile in una riga sola viene affiancato uno sviluppo articolato più che convincente. Ovviamente al centro di tutto ci sono questioni familiari e rapporti padri/figli, ma è più la benzina che alimenta la fiamma che la fiamma in sé. A Quiet Place non vuole mai essere davvero un film sulla famiglia o sulla perdita, ha semmai la fierezza di essere un film di tensione, in cui ogni svolta e ogni nuova minaccia è accompagnata da un rimedio differente approntato dai protagonisti per non morire. Questo dà ad ogni singola scena una dinamica e un ritmo diversi, impedendogli di ripetersi e tenendo sempre lo spettatore sulla corda. Per questo, nonostante segua con diligenza la scrittura, ciò di cui c’è più da essere sorpresi è la regia di John Krasinski, attore emerso con The Office e qui al terzo film diretto, capace di comprendere subito come questo progetto in cui il silenzio è protagonista di ogni scena di suspense debba in realtà vivere molto più di soluzioni visive che uditive. Non sarà mai il sonoro infatti a scandire le scene di suspense ma semmai i diversi piani dell’immagine, come i personaggi entrino ed escano dalle inquadrature in maniere sempre sorprendenti e come piccoli indizi ben dosati svelino o carichino la suspense, un chiodo appuntito lasciato lì per dopo oppure il pancione di Emily Blunt, in sé una promessa di rumore, una bomba ad orologeria pronta ad esplodere.
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