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A casa tutti bene (2018) di Gabriele Muccino


Luna (Elisa Visari) – Ma te come ti vedi tra dieci anni? Edoardo (Renato Raimondi) – Mi vedo giusto Luna (Elisa Visari) – E che vuol dire giusto? Edoardo (Renato Raimondi) – I giusti sono quelli che si comportano da giusti, non fanno errori. Io di cazzate non voglio farne nella vita

LA SINOSSI: Pietro e Alba festeggiano cinquant’anni d’amore. Dal loro matrimonio sono nati Carlo, Sara e Paolo, imbarcati con coniuge, prole, zie e cugine per un’isola del Sud. In quel luogo ameno, in cui Pietro e Alba hanno speso il loro tempo più bello, si riunisce una famiglia sull’orlo di una crisi di nervi. Carlo, separato da Elettra, è vessato da Ginevra, la nuova e insopportabile consorte, Sara, sposata con Diego, cerca di recuperare un matrimonio alla deriva, Paolo, cacciato dalla moglie e disprezzato dal figlio a causa di un tradimento, gira a vuoto e finisce a letto con la cugina. E poi c’è Riccardo che aspetta un figlio da Luana ed elemosina una (seconda) chance allo zio Pietro, Elettra che prova a fare fronte alla gelosia di Ginevra e Isabella, moglie annoiata di un marito troppo lontano che tradisce con Paolo. Il mare grosso e un temporale improvviso, impediscono le partenze dei traghetti e costringono gli invitati a prolungare soggiorno, convivenza e agonia. Satelliti nevrotici intorno agli ‘sposi’ provano a passare una nottata che non passa e non passerà.

DUE RIGHE SUL FILM E DUE RIGHE SU GABRIELE MUCCINO TRA ITALIA E STATI UNITI: Per quanto mi riguarda tutto il senso del film sta nella confessione notturna tra i due ragazzi, le uniche due figure positive in qualche modo ed innocenti. Fuori la tempesta, la pioggia ed il vento. Dentro alla stanza, nel caldo dei loro letti, Luna ed Edoardo si guardano, pensano alle cose che hanno sentito e visto nel corso della giornata e quindi si lasciano andare a quella che è una sorta di confessione.Loro nella vita vogliono essere giusti e non fare cazzate. Diventa chiaro sin da subito (forse anche a loro) che sarà inevitabile fare delle cazzate. Alla Sandrelli (capostipite della famiglia) verrà affidata in seguito una delle battute più belle del film: “Le vite normali non esistono”. Prima di andare a fondo nel commento a questo film per me molto bello, voglio spendere due parole su ciò che Gabriele Muccino ormai significa per il cinema italiano. Da alcuni anni è chiaro che Gabriele Muccino sia diventato un grande regista di commedia ma anche di dramma. In lui convivono le migliori tradizioni cinematografiche della commedia italiana ed una grande ricerca di una nuova forma di cinema, più commerciale, nervosa ed aperta a nuovi stili. Infatti Muccino fa una cosa molto interessante, comincia la sua incredibile carriera in Italia con memorabili cortometraggi e dopo i primi lungometraggi tra cui “Come te nessuno mai” (1999) per me il suo vero capolavoro, ma anche “L’ultimo bacio” cui segue “Ricordati di me” decide di dare una svolta drastica volendo. Parte e comincia il suo periodo americano che comprende “La ricerca della felicità”, “Sette Anime”, “Quello che so sull’amore” e “Padri e figlie”. Ho volutamente omesso “L’estate addosso” per un motivo ben preciso. L’estate addosso fu un ponte. Muccino in quel momento della sua vita si trovò in una posizione intermedia, nè là (in America) nè qui (In Italia) e quindi fu un film intermedio, con attori un po’ italiani e un po’ stranieri, produzione un po’ italiana e un po’ straniera. Insomma un film decisamente significativo all’interno della sua filmografia, Così come questa sua ultima grande fatica. A casa tutti bene

GABRIELE MUCCINO IS BACK: Molto si è detto e scritto della vita privata di questo bravissimo regista. Gossip e pettegolizzi. Però quanto contano tutte queste vicende all’interno dei suoi film? La risposta è: Molto Gabriele è tornato in Italia e a casa non va tutto bene, Non stanno tutti bene i personaggi di Muccino. Anzi, stanno tutti peggio. Pieni di collera, di astio. In un cinema impeccabile e insieme detestabile. Che certamente può attrarre e trascinare dentro la sua spirale. Qui invece, almeno soggettivamente, si avverte una reazione respingente. I ‘grandi freddi’ italiani di Muccino appaiono come degli incontri di boxe dove tutti sono contro tutti. Quasi sempre il cinema serve per evadere dalla realtà, per sognare, per vedere mondi vicini o lontani. Oppure per vedere anche il nostro presente, la nostra realtà. Che non ci piace ma ci piace nel film. E ci scuote. Invece Muccino qui fa una cosa molto interessante, peraltro come già aveva fatto all’interno dell’ultimo bacio, ricordati di me e baciami ancora, cioè il racconto della nostra quotidianità, fatta spesso di felicità e amore, combinati alla noia, al nervosismo, ai tradimenti ed alla lotta. Memorabile quell’urlo della Mezzogiorno al telefono contro (Carlo) il personaggio di Stefano Accorsi: “Dove cazzo seiii?”. Con Muccino quindi non si ha una vera e propria evasione dalla realtà, bensì una seduta psicoanalitica che può aiutarci a comprendere meglio la nostra realtà, che ci sbatte davanti agli occhi ciò che ogni giorno viviamo e quindi ci mostra in qualche modo che cosa può succedere e che cosa si può fare per migliorare. Ecco, dopo un film come A casa tutti bene la vita di tutti i giorni diventa meglio del cinema. Ma non quella fatta di piaceri, ma proprio quella piena di rotture. Se si riesce a fuggire da Ischia, anche a nuoto, pure col mare in tempesta si può essere felici. Questo perchè il film è davvero doloroso e sfiancante ma tutto in senso positivo. Con “Perfetti Sconosciuti” di Genovese già c’era quel timore alla fine del film, legato al fatto di accorgersi di aver commesso un grosso errore nel portare la propria fidanzata/moglie/compagna a vederlo e di avere anche il proprio cellulare in tasca. Con “A casa tutti bene” accade un po’ lo stesso, solo che si vuole guardare negli occhi come a consigliarsi l’uno all’altra/o: Non fare mai queste cazzate o questo succede, se non di peggio. Qui le coppie si dividono e riuniscono, c’è chi non vuole vedere negando l’evidenza, c’è chi invece accetta di rimanere pur sapendo che potrà diventare una storia dolorosa o addirittura piuttosto tragica nel prossimo futuro (GERINI/GHINI) e poi ci sono coppie che invece nascono dal nulla o da una semplice amicizia. A differenza del film di Tornatore, dove Mastroianni andava in giro per l’Italia per trovare i figli, qui invece la famiglia si riunisce a Ischia in occasione delle nozze d’oro di Alba (Stefania Sandrelli) e Pietro (Ivano Marescotti). Dopo la festa contano tutti di rientrare in serata. Ognuno con i loro impegni. Ma un’improvvisa mareggiata blocca l’arrivo dei traghetti. La già fragile armonia presto si frantuma e tornano a galla inquietudini, gelosie, tradimenti. Ma c’è anche un inaspettato colpo di fulmine. Con L’ultimo bacio, Ricordati di me e Baciami ancora, A casa tutti bene chiude la tetralogia di un ‘cinema sull’orlo di una crisi di nervi’. Muccino lavora con un gruppo di attori che tiene su di giri. Tutti molto bravi, molti anche insopportabili. A questo vortice riescono a sottrarsi in pochi. Restano gli sguardi a distanza di Elettra (Valeria Solarino), quelli persi di Sandro (Massimo Ghini) che ha perso la memoria, la fuga verso spazi lontani di Diego (Giampaolo Morelli) o più vicini di Paolo (Stefano Accorsi) e Isabella (Elena Cucci). O che si rendono ‘invisibili’ come Sandra Milo. Ma la mareggiata sembra portarsi via tutto. Così vanno le cose e così devono andare. Questo perchè alla fine la tempesta è soltanto una metafora, è qualcosa che si prepara e si “riscalda” per poi sfogarsi in tutta la sua violenza in una catarsi decisiva e fondamentale. Un po’ come i nuvoloni neri nella memorabile sequenza finale di “Terminator” (1984). Sono tantissimi i personaggi questa volta, ognuno interpretato da un attore o un’attrice importante, ognuno dotato di una sua storia personale e connessa alle altre. Anche solo iniziare un film così, spiegare al pubblico e mantenere chiari i rapporti di parentela che esistono tra i singoli personaggi sarebbe un incubo per qualsiasi regista, senza contare poi dare adeguato spazio a tutti. Invece Muccino riesce a raccontare tutto senza passare per grandi spiegoni o voci fuoricampo salvifiche ma anzi come fossero informazioni che vengono a galla naturalmente, come l’avessimo sempre saputo. È solo una delle molte raffinatezze di un film complicatissimo da realizzare che alza l’asticella dello scontro tra sessi e generazioni, tra classi e visioni di mondo. Tutto in Muccino è difficile da conciliare, così difficile che prende la via della furia più spesso di quella della calma. E tanto i personaggi sembrano ribollire, tanto il film riesce ad essere controllato nel seguirli. Fin dai suoi primi film infatti questo regista ha messo a punto uno stile di direzione degli attori unico, immediatamente riconoscibile, che gli consente di far fare a loro parte del lavoro che solitamente si sobbarca la messa in scena, la musica o il montaggio, così da poter alzare la pressione senza suonare fasullo. Lui, come pochi altri, riesce a lavorare con i segni marcati, le passioni esagerate, le grandi paure, le reazioni rabbiose e le grida di odio, mantenendo un controllo e un ordine che altri film più minimalisti si sognano. Ci vuole una capacità di raccontare e una padronanza del mezzo pazzesche per riuscire in questo, per non cedere un passo dalla messa in scena di tensioni titaniche o del mare in tempesta dei sentimenti, e riuscire lo stesso ad essere rigoroso nel racconto. Grande Gabriele, ottimo film!

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